TRIBUNALE DI NOLA Ordinanza ex art. 23 della legge n. 53/1987 Il giudice monocratico dott. Lucia Minauro, letti gli atti relativi al procedimento a carico di S.G., nato il ........ a ....... ed ivi elettivamente domiciliato alla ......., difeso di fiducia dall'avv. Vincenzo Miele. Imputato: a) in ordine al reato previsto e punito dall'art. 474 del codice penale, perche' deteneva per la vendita, poneva in vendita o metteva altrimenti in circolazione prodotti industriali muniti di marchi e segni distintivi contraffatti e segnatamente: n. 19 astucci riportanti il marchio contraffatto S.S.C. Napoli; n. 6 astucci riportanti il marchio contraffatto Winx; n. 4 astucci riportanti il marchio contraffatto Spiderman; n. 2 astucci riportanti il marchio contraffatto Ben10; b) in ordine al reato previsto e punito dall'art. 648 del codice penale perche' al fine di trarne profitto acquistava o comunque riceveva gli astucci di cui al capo a oggetto di sequestro del 4 settembre 2009, di sicura illecita provenienza in quanto contraffatti. Accertato in Pollena Trocchia il 4 settembre 2009. Osserva rilevanza della questione In fatto la vicenda oggetto del procedimento in epigrafe indicato puo' essere sinteticamente riassunta nei termini che seguono. Nel corso di un controllo effettuato in data 4 settembre 2009 da personale della Guardia di finanza di Napoli, S.G. veniva trovato in possesso degli astucci contraffatti di cui al capo di imputazione (n. 19 astucci riportanti il marchio contraffatto S.S.C. Napoli, n. 6 astucci riportanti il marchio contraffatto Winx, n. 4 astucci riportanti il marchio contraffatto Spiderman, n. 2 astucci riportanti il marchio contraffatto Ben10), detenuti per la vendita, in quanto esposti su di un banchetto al mercato rionale. Tali essendo i fatti oggetto del giudizio, con riferimento alla contestazione di cui al capo b) appariva riconoscibile all'imputato la circostanza attenuante del fatto di particolare tenuita' di cui all'art. 648, comma 2 del codice penale, circostanza che deve essere valutata con riguardo a tutte le componenti soggettive e oggettive del fatto medesimo, e cioe' non solo con riguardo alla qualita' delle res ricettate o ai soli profili patrimoniali, ma anche alla loro entita', alle modalita' dell'azione, ai motivi della stessa, oltre che alla personalita' del colpevole e alla condotta complessiva da quest'ultimo posta in essere (cfr. Cass., II, 6 febbraio 1998; Cass. II, 29 novembre 1999: «Ai fini dell'applicazione dell'attenuante speciale, l'aspetto patrimoniale non e' ne' esclusivo, ne' decisivo, giacche' la nozione in parola investe tutti gli elementi integrativi del fatto reato, ossia le modalita' esecutive, l'entita' dell'oggetto ricettato, la personalita' del reo e la potenzialita' del danno derivante dalla circolazione della cosa ricettata» e Cass. Sez. Un. 12 luglio 2007, n. 35535: «La valutazione ai fini dell'attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuita' non deve avere riguardo soltanto al valore economico della cosa ricettata, ma deve fare riferimento a tutti i danni oggettivamente prodotti quale conseguenza diretta del fatto reato, la cui consistenza deve essere apprezzata in termini oggettivi e nella globalita' degli effetti»). Nella specie, il perseguimento od il conseguimento da parte dell'imputato di un lucro di speciale tenuita', la produzione, a detrimento delle parti offese, di un evento dannoso o di una situazione di pericolo ancora di speciale tenuita', i dati relativi alla personalita' dei prevenuto (soggetto incensurato), il non rilevante numero di pezzi contraffatti acquistati, lo scarso valore venale della merce medesima e le modalita' della vendita presso un mercatino rionale erano tutti elementi convergenti verso la concessione all'imputato dell'attenuante in questione. Doveva cosi' farsi applicazione della norma di cui all'art. 648, comma 2 del codice penale. Nondimeno, il fatto appariva a questo giudice, per le stesse ragioni sopra espresse, riconducibile alla speciale causa personale di non punibilita' per particolare tenuita' del fatto disciplinata dall'art. 131-bis del codice penale, disposizione introdotta dal decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28. La detta normativa; applicabile anche ai reati commessi prima della sua entrata in vigore in forza del principio di cui all'art. 2, 4° comma, codice penale, prevede che «Nei reati per i quali e' prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilita' e' esclusa quando, per le modalita' della condotta e per l'esiguita' del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'art. 133, primo comma, l'offesa e' di particolare tenuita' e il comportamento risulta non abituale. L'offesa non puo' essere ritenuta di particolare tenuita', ai sensi del primo comma, quando l'autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudelta', anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'eta' della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. Il comportamento e' abituale nel caso in cui l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso piu' reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuita', nonche' nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate. Ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. In quest'ultimo caso ai fini dell'applicazione del primo comma non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all'art. 69. La disposizione del primo comma si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuita' del danno o del pericolo come circostanza attenuante». Cio' posto, nel caso di specie, sussistevano, nel merito, i presupposti per l'applicazione della normativa citata; tuttavia la pena massima prevista per il reato circostanziato ex art. 648, comma 2 del codice penale, risultava superiore ai limiti edittali fissati dal citato art. 131-bis del codice penale. Infatti, il reato ascritto all'imputato al capo b), ritenuta l'attenuante di cui all'art. 648, comma 2 del codice penale, e' punito con la pena della reclusione fino a sei anni e non rientra, dunque, quoad poenam, nell'ambito di applicabilita' della nuova previsione. Nondimeno, le modalita' della condotta, non particolarmente allarmanti, non apparivano a questo giudice connotate da aspetti di peculiare gravita'; infatti, come gia' si e' avuto di modo di osservare, l'entita' del danno arrecato alle persone offese (art. 133, 1° comma, n. 2, codice penale) era, oggettivamente, di particolare tenuita' e trattavasi poi, con tutta evidenza, atteso anche lo stato di incensuratezza dell'imputato, di una condotta illecita occasionale. L'unico ostacolo all'applicabilita' della causa di non punibilita' di cui all'art. 131-bis del codice penale, si rivelava dunque il massimo edittale di sei anni previsto dall'art. 648, comma 2 del codice penale. Non manifesta infondatezza Questo giudice dubita che il nuovo assetto normativo venutosi a creare con l'introduzione dell'art. 131-bis del codice penale, con riferimento al delitto circostanziato di cui all'art. 648, comma 2 del codice penale, sia conforme ai parametri costituzionali fissati dagli articoli 3, 13, 25, 27 Cost. Appare infatti evidente che l'elevato limite massimo edittale previsto in caso di riconoscimento dell'ipotesi attenuata di cui all'art. 648, comma 2 del codice penale, impedendo l'applicazione dell'art. 131-bis del codice penale, comporta, nell'applicazione pratica della nuova causa di non punibilita', un inevitabile, ingiustificato, diverso trattamento di ipotesi astrattamente configurabili come di particolare tenuita', che non appare sorretto da valori rispondenti ad un principio di ragionevolezza legislativa. Come dimostra la pratica giudiziaria, fatti astrattamente gravi, in quanto severamente sanzionati dal legislatore, a volte si manifestano in concreto scarsamente offensivi e fatti, astrattamente non gravi perche' puniti lievemente dal legislatore, in concreto ledono seriamente il bene giuridico protetto. A tal proposito, va innanzitutto rilevato che la nuova causa di non punibilita' e' astrattamente applicabile a diversi reati di sicuro maggiore allarme sociale rispetto alla ipotesi attenuata della ricettazione ex art. 648, comma 2 del codice penale, norma che, nella pratica giudiziaria, viene applicata in relazione a fattispecie concrete scarsamente offensive (si pensi alla classica ipotesi di ricettazione di cellulare di modico valore economico). Tra i reati sanzionati con limiti edittali inferiori nel massimo a cinque anni e che rientrano nell'ambito di applicabilita' della causa di non punibilita' di cui all'art. 131-bis del codice penale, almeno astrattamente, ed esemplificando, risulterebbero invece ricomprese le fattispecie di: abbandono di persone minori o incapaci (art. 591, comma 1 del codice penale); abusivo esercizio di una professione (art. 348); abuso dei mezzi di correzione o di disciplina (art. 571 del codice penale); abuso d'ufficio (art. 323 del codice penale); accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico (art. 615-ter); adulterazione o contraffazione di cose in danno della pubblica salute (art. 441 del codice penale); appropriazione indebita (art. 646 del codice penale); arresto illegale (art. 606 del codice penale); assistenza agli associati - anche mafiosi - (art. 418, comma 1 del codice penale); attentato a impianti di pubblica utilita' (art. 420 del codice penale); attentati alla sicurezza dei trasporti (art. 432 del codice penale); atti osceni (art. 527 del codice penale); commercio o somministrazione di medicinali guasti (art. 443 del codice penale); commercio di sostanze alimentari nocive (art. 444 del codice penale); corruzione di minorenne (art. 609-quinquies, comma 1 del codice penale), crollo di costruzioni o altri disastri dolosi (art. 434, comma 1 del codice penale); corruzione (art. 318 del codice penale), danneggiamento (art. 635 del codice penale); detenzione di materiale pornografico (art. 600-quater del codice penale); deviazione di acque e modifiche dello stato dei luoghi (art. 632 del codice penale); diffamazione (art. 595 del codice penale); esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza (articoli 392-393 del codice penale); evasione (art. 385 del codice penale); fabbricazione o detenzione di materie esplodenti (art. 435 del codice penale); false informazioni al P.M. (art. 371-bis); falsita' materiale del P.U. (art. 477 del codice penale), favoreggiamento personale (art. 378 del codice penale); favoreggiamento reale (art. 379 del codice penale); frode informatica (art. 640-ter, commi 1-2 del codice penale); frode in emigrazione (art. 645, comma 1 del codice penale), frode nelle pubbliche forniture (art. 356), frode processuale (art. 374 del codice penale), frodi contro le industrie nazionali (art. 514 del codice penale), frode nell'esercizio del commercio (art. 515 del codice penale), furto (art. 624 del codice penale); impiego dei minori nell'accattonaggio (art. 600-octies del codice penale); incesto (art. 564, comma 1 del codice penale); indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter); insolvenza fraudolenta (art. 641 del codice penale); interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis); interruzione di pubblico servizio (art. 331 del codice penale); intralcio alla giustizia (art. 377 del codice penale), introduzione nello Stato e commercio di prodotti falsi (art. 474 del codice penale); istigazione a delinquere (art. 414 del codice penale); lesione personale (art. 582 del codice penale); maltrattamento di animali (art. 544-ter); malversazione a danno dei privati (art. 315 del codice penale); malversazione a danno dello Stato (art. 316-bis); mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (art. 388 del codice penale); minaccia (art. 612 del codice penale); occultamento di cadavere (art. 412 del codice penale); oltraggio a P.U. (art. 341-bis); oltraggio a un magistrato in udienza (art. 343 del codice penale), omessa denuncia di reato da parte del P.U. (art. 361); omissione di referto (art. 365 del codice penale); omissione di soccorso (art. 593 del codice penale); patrocinio o consulenza infedele (art. 380 del codice penale); peculato mediante profitto dell'errore altrui (art. 316 del codice penale); possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi (art. 497-bis, comma 1); procurata evasione (art. 386, comma 1); procurata inosservanza di pena (art. 390 del codice penale); resistenza a P.U. (art. 337 del codice penale); rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro (art. 437 del codice penale); rifiuto di atti d'ufficio; rissa (art. 588 del codice penale); simulazione di reato (art. 367 del codice penale); sostituzione di persona (art. 494 del codice penale); sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro (art. 334 del codice penale); sottrazione di persone incapaci (art. 574 del codice penale); sottrazione e trattenimento di minori all'estero (art. 574-bis); stato d'incapacita' procurato mediante violenza (art. 613 del codice penale); truffa (art. 640 del codice penale); usurpazione di funzioni pubbliche (art. 347); uccisione di animali (art. 544-bis); uccisione o danneggiamento di animali altrui (art. 638 del codice penale); vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine (art. 516 del codice penale); vilipendio delle tombe (art. 408); vilipendio di cadavere (art. 410, comma 1); violazione di domicilio (art. 614 del codice penale); violazione di domicilio commessa dal P.U. (art. 615 del codice penale); violazione di sigilli (art. 349); violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 del codice penale); violenza o minaccia a P.U. (art. 336 del codice penale); violenza privata (art. 610 del codice penale); violenza o minaccia per costringere taluno a commettere un reato (art. 611 del codice penale) etc. Non ignora questo giudice che, secondo la costante giurisprudenza dell'adita Corte, l'individuazione delle condotte punibili e la configurazione del relativo trattamento sanzionatorio rientrano nella discrezionalita' del legislatore. E' pur vero, tuttavia, che lo stesso giudice delle leggi ha piu' volte affermato che tale discrezionalita' puo' formare oggetto di sindacato, sul piano della legittimita' costituzionale, proprio quando, come nel caso in esame, si traduca in scelte manifestamente irragionevoli od arbitrarie (cfr. ex plurimis, sentenze Corte costituzionale numeri: 225 del 2008; 23, 41 e 161 del 2009; 47 e 250 del 2010). Ritiene questo giudice che cio' sia accaduto anche nel momento in cui si e' scelto di ancorare al limite edittale massimo di cinque anni l'applicabilita' dell'art. 131-bis del codice penale, senza tener conto del fatto che le condotte riconducibili all'ipotesi attenuata di cui all'art. 648, comma 2 del codice penale (gia' caratterizzate da particolare tenuita'), sarebbero rimaste escluse irragionevolmente dall'applicabilita' della norma, pur se connotate da tutti i requisiti prescritti dall'art. 131-bis del codice penale. Ne', a parita' di bene giuridico tutelato da diverse fattispecie rientranti nell'applicabilita' della norma di cui all'art. 131-bis del codice penale (si pensi al reato di truffa, di furto, di appropriazione indebita), parrebbe ragionevole un cosi' diverso trattamento. Questo giudice ritiene che non vi sia una strada ermeneuticamente sostenibile che consenta, senza adire la Consulta, di applicare l'art. 131-bis del codice penale, anche nel caso di specie, essendovi di ostacolo un limite formale quale quello edittale previsto dal combinato disposto di cui agli articoli 131-bis e 648, comma 2 del codice penale. Purtuttavia, si ritiene che l'impossibilita' di applicare l'istituto di cui all'art. 131-bis del codice di procedura penale, all'ipotesi di cui all'art. 648, comma 2 del codice penale, si traduca in una ingiustificata disparita' di trattamento, con conseguente violazione dell'art. 3 della Costituzione, laddove siano considerate non punibili condotte astrattamente sanzionate con pene edittali massime inferiori ad anni cinque e concretamente di pari o maggiore offensivita' rispetto ad altre condotte, invece necessariamente punibili, in quanto sanzionate con limiti edittali massimi maggiori (anche se dotate di scarsa o minima offensivita'). L'applicazione della normativa di sospetta incostituzionalita' lede, in pratica, l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, in quanto il giudice del caso concreto, nell'opera di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta, pur valutando le vicende particolari, soppesando e contemperando i vari interessi in gioco e svolgendo una prognosi ragionata sul futuro criminale dell'imputato, si trova di fronte ad uno sbarramento normativo (la previsione del massimo edittale di cui all'art. 131-bis del codice penale) che non appare ragionevolmente giustificato con riferimento a talune fattispecie di reato dotate di minima offensivita' (come quella di cui all'art. 648, comma 2 del codice penale) e che gli impone di sanzionare condotte di scarso allarme sociale, mentre, viceversa, gli consente di ritenere non punibili condotte di pari od addirittura maggiore carica offensiva (ma sanzionate nel minimo con una pena inferiore ai cinque anni). Ed invero, ancorare l'applicazione dell'art. 131-bis del codice penale, al criterio del limite massimo di pena, senza tener conto, in modo sistematico, dell'intero assetto sanzionatorio relativo alle varie, singole fattispecie di reato previste dal codice penale e dalle leggi speciali, equivale ad operare scelte legislative arbitrarie che determinano difficolta' e storture nell'applicazione pratica, nonche' palesi violazioni di principi fondamentali fissati nella Carta costituzionale. Invero, alla evidente violazione dell'art. 3 Cost., si affianca, nel caso in esame, la violazione del principio di rango costituzionale di offensivita' del reato, cui si ispira la novella legislativa in argomento e che trova la propria fonte in diversi articoli della Costituzione: nell'art. 13 Cost., in quanto, essendo la liberta' personale costituzionalmente tutelata, la sanzione penale puo' essere ammessa solo come reazione ad una condotta che offenda un bene di pari rango; nell'art. 25, 2° comma della Cost., in quanto, l'applicazione di una sanzione penale consegue alla commissione di un fatto-reato che non si traduca in una mera disobbedienza ad un precetto, ma che integri una condotta materiale offensiva; nell'art. 27, 3° comma della Cost., atteso che presupposto della rieducazione del condannato e' la percezione da parte dello stesso dell'antigiuridicita' del proprio comportamento e la condanna conseguente a mera violazione di un precetto concretamente inoffensiva di alcun bene, frustrerebbe la funzione rieducativa della pena. Infine, atteso che piu' volte l'adita Corte ha preteso necessariamente, pena l'inammissibilita' della questione, non solo la prospettazione del dubbio di legittimita' costituzionale, ma anche che il giudice a quo prenda posizione in ordine al risultato che ritiene debba derivare dalla combinazione dei termini e dei profili della questione (cfr. Corte Cost. n. 163 del 2007 ), ritiene questo giudice che l'art. 131-bis del codice penale, vada dichiarato incostituzionale per violazione degli articoli 3, 13, 25, 27 Cost. laddove, stabilendo che la disposizione del primo comma si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuita' del danno o del pericolo come circostanza attenuante, non estende l'applicabilita' della norma all'ipotesi attenuata di cui all'art. 648, comma 2 del codice penale, fattispecie irragionevolmente esclusa dall'ambito applicativo dell'art. 131-bis del codice penale, in ragione del limite massimo della pena astrattamente superiore ad anni cinque.